A dir la verità, il mio commento viene proprio come risposta a due post pubblicati recentemente.
Uno si trova “Nel mondo di Ifigenia” e l’altro su ” MarisaMoles’s WebBlog “. Nel primo si tratta di una bambina con un viso colpito (di persone ignote). Una foto che ha fatto più effetto del commento stesso (che poi, Dm, lo devi spiegare, no? Altrimenti non vedo il senso del post).
L’altro è il racconto di una madre che – avendo deciso di adottare una bambina di colore – comincia a sentire il peso del razzismo nei confronti di sua figlia. Una storia toccante. Avrei voluto commentare anch’io su quel post ma il dolore che provavo nei confronti di quella donna era talmente lacerante di non riuscire a iniziare quello che avrei voluto dire. Ma che avrei voluto lo stesso opinare per poter confortare questa persona. Ma poi….. come si può confortare una donna che sai che le sue sofferenze sono appena al inizio? Che sua figlia.. più crescerà, più capirà. E più capirà, più soffrirà. Hai quella sorte di impotenza del animo, come quando devi iniettare speranza a un malato terminale. Che sai che non c’è speranza. Io ho dovuto subire ingiustizie tante. E offese. Ma paragonandomi a quelle che aspettano ad essere buttate su figlia di mamma Luisella, mi sento vigliaccamente fortunato.
Allora ho deciso un altro tipo di conforto. Dare un esempio. Un esempio che puo farli vedere che (anche lei), la sua figlia ha la sua fortuna. In confronto ai altri.
Kevin Carter
Kevin Carter (1960 -1994) è stato un famosissimo fotoreporter sud africano. Esso si è fatto conoscere sopratutto per le sue fotografie violenti sulle guerre in Africa sud sahariana. Il suo punto di forza è stato quando nel marzo del 1993 vince il premio Pulitzer con una fotografia che – per quanto crudele – in uguale misura infame.
La foto, rappresenta una piccola bambina del Sudan, sola e estremamente indebolita dalla fame che si trascina faticosamente verso un posto di pronto soccorso. Dietro di lei, un avvoltoio che sente la sua preda indebolita, aspetta implacabile la sua morte. Per divorarla. Vi immaginate la scena? Riuscite a immaginarvi il becco del avvoltoio? Che strapazza la bambina?
Ma il bello arriva adesso. Carter, nel suo racconto sulla foto dichiarava di aver aspettato venti minuti prima di scattarla. Nella speranza che quel avvoltoio avrebbe aperto le ali minacciosamente. Cosi la foto avrebbe avuto più effeto. Vi rendete conto? Stava li ad aspettare la mossa del predatore, mentre la bimba agonizzava. La bimba si è fermata, esausta, piangendo e gemendo per dolori (che lei ancora non li capiva, la FAME). Ma Carter niente. Se avesse fatto qualche gesto l’avvoltoio si sarebbe allontanato (e addio Pulitzer).
Infine, rendendosi conto che l’avvoltoio non aveva nessuna intenzione di aprire le ali scatto la foto dopodiché caccio l’uccellatone e…….. se ne andò. Non si sa se la bambina c’è l’ha fatta.
Joao Silva, un suo amico giornalista dichiarava che infatti, la bambina era stata lasciata (per qualche momenti) dai suoi genitori per prendere cibo da un aereo di aiuti. Ma poi, più tardi, lo stesso Carter dichiarava difendendosi che in quel momento “non ha voluto immischiarsi”.
P.S. 1 Dopo approssimante un anno Kevin Carter si è suicidato dentro il suo garage con diossido di carbone della sua macchina. Spero che si trascinerà in eterno nel inferno. Con un avvoltoio alle spalle. Un avvoltoio che aspetta….
P.S. 2 Un ringraziamento a Simona per avermi permesso di poter estrarre alcune cose del suo blog.